La reintegrazione del dirigente nel posto di lavoro

Nullità del licenziamento per illiceità dei motivi

Agostino D'Arco

Direttore ALDAI-Federmanager dal 1982 al 2005 - Consigliere ALDAI-Federmanager

Riportiamo di seguito un’ampia sintesi di una recentissima sentenza del Tribunale di Milano, 10.01.2019 R.G. 5275/2018, che ha dichiarato la nullità del licenziamento del dirigente per l'illiceità dei motivi addotti, qualificando il provvedimento d’espulsione quale “atto ritorsivo”.
Prima di entrare nel merito della decisione, appare opportuno ricordare che la nullità del licenziamento è prevista dall’art. 18 Statuto dei lavoratori, come modificato dalla Legge Fornero, nel caso di licenziamento discriminatorio (ragioni di credo politico o fede religiosa, appartenenza a un sindacato, motivi razziali, di handicap e di età, di sesso, di convinzioni personali) e tutti gli altri casi di nullità previsti dalla legge (causa illecita, violazione di norme informativa, ecc.) nonché per motivo illecito determinante (es. licenziamento ritorsivo).
La sentenza è una delle rare pronunce sulla reintegrazione del dirigente nel posto di lavoro.
Merita qualche riflessione, anche perché, come nella fattispecie sotto esame, talvolta dietro il paravento del giustificato motivo oggettivo, si celano realtà illecite diverse che sono poi la vera causa della risoluzione del rapporto di lavoro.
Il testo integrale della sentenza è disponibile sul sito ALDAI. Il cartaceo è a disposizione dei soci preso il nostro ufficio sindacale.

Con ricorso ecc. il ricorrente Caio conveniva in giudizio la società Sempronio chiedendo al giudice di:
  1. dichiarare la nullità del licenziamento intimato il 9.3.2018 in quanto ritorsivo o in quanto intimato per motivo illecito determinante.
  2. condannare la società resistente, ai sensi dell’art. 18 L. 300/1970 (Statuto dei lavoratori), a reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e a corrispondere un’indennità mensile pari alla retribuzione globale di fatto percepita dalla data del licenziamento a quella dell’effettiva reintegrazione sul posto di lavoro, considerata la natura illecita del licenziamento.
  3. in subordine… omissis
  4. ancora in via subordinata… omissis

I fatti

Il ricorrente dal giugno 2006 è dipendente della società convenuta (Sempronio); dal gennaio 2007 con qualifica di dirigente e mansioni di direttore editoriale della rivista Trade Consumer Electronics; dal 2013 ha assunto le medesime responsabilità anche della rivista Trade Bianco.
A seguito della crisi dell'editoria negli anni 2016/17 la società si vedeva costretta prima ad attivare i contratti di solidarietà e poi a concordare il ricorso alla CIGS.
Nel progetto di riorganizzazione predisposto a tal fine – con riferimento al settore del ricorrente – era prevista, entro la fine del maggio 2018, l'accorpamento delle due riviste dirette dalla Caio, la nascita di una rivista con taglio più social; era altresì previsto, con riferimento al team cui era preposto Caio, l'eventuale esubero di due/tre grafici rispetto ai 4 esistenti e la conservazione del ruolo del giornalista e dirigente nonché la richiesta al dirigente Caio e ai collaboratori di una riduzione dei loro compensi (doc. 6 e 7 ricorrente: informativa alle OOSS del piano di riorganizzazione e verbale di accordo sulla CIGS del 23.1.2018 tra Sempronio e RSU).
Sempre in data 23.1.2018 venivano sottoscritti un verbale di accordo sulla CIGS e un verbale sottoscritto avanti alla Regione Lombardia – coi quali (doc. 8 e 9 ricorrente) si dava atto: della volontà aziendale di mirare al recupero occupazionale delle eccedenze di personale quale misura alternativa alla riduzione del personale; che la CIGS non sarebbe stata finalizzata al licenziamento di alcun dipendente.
In data 6.2.2018 il ricorrente riceveva lettera raccomandata con la quale la società richiedeva alla Caio la riduzione ad equità della retribuzione "pari perlomeno al 35% considerato che l'attuale importo, divenuto ormai eccessivamente oneroso per l'azienda, non è più in linea sia con il conclamato stato di crisi aziendale ed economica sia con la generale riduzione/contrazione delle attività editoriali per effetto della riorganizzazione in corso, nonché di quella della testata dove attualmente operi… Conoscendoti so che farai riflessioni pacate ponderate e ragionate, non di impulso sulla proposta che ho qui formulato e che terrò ferma per una quindicina di giorni…".
Con lettera in data 19.2.2018 il ricorrente dichiarava la propria indisponibilità a concordare la riduzione dello stipendio nella misura richiesta, che non appariva come quel piccolo sacrificio, che mesi addietro le era stato anticipato, le sarebbe stato richiesto di fare. 
In data 9.3.2018 veniva consegnata lettera di licenziamento avendo la società "deciso di eliminare il profilo di dirigente da lei rivestito in quanto non funzionale alla nuova realtà aziendale e al modello che la società intende adottare per salvaguardare il più possibile i livelli occupazionali".

Diritto

Il tribunale rileva innanzitutto che il licenziamento è ingiustificato, la società lo ha infatti motivato con la volontà di eliminare il profilo di dirigente, ma non chiarisce affatto se avesse deciso di sopprimere la posizione del ricorrente e di eliminare la sua funzione… omissis
La motivazione solo apparente (eliminare il profilo di dirigente da lei rivestito) disvela, ad avviso del giudicante, la vera ragione che ha indotto la Società a risolvere il rapporto di lavoro e va individuata nel rifiuto del dirigente di accettare la riduzione della retribuzione. Ne costituisce evidente presunzione la contestualità temporale tra il rifiuto, comunicato dal ricorrente alla società con lettera del 19.2.2018 e la comunicazione del licenziamento avvenuta a distanza di solo 18 giorni, il 9.3.2018.
La conseguenza di tale ricostruzione è che il licenziamento deve qualificarsi come “ritorsivo”, in quanto effetto della illecita reazione del datore di lavoro al legittimo esercizio del proprio diritto da parte del lavoratore, consistito nel rifiutare di accettare una proposta di riduzione dello stipendio che, come è noto, è affermato come diritto inderogabile da norma primaria (art. 2103 Codice Civile).
La ritorsione, nel caso di specie, conclude il giudicante, è il motivo unico e determinante nella risoluzione del rapporto di lavoro del ricorrente e come tale è illecito.
Va dichiarata quindi la nullità del licenziamento e la società va condannata ai sensi dell’art. 18 Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge 92/2012 a reintegrare immediatamente il ricorrente nel posto di lavoro e a risarcire il danno determinato in una indennità risarcitoria, commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto percepita; da corrispondere dalla data del licenziamento a quella della sua reintegrazione nel posto di lavoro, oltre interessi a rivalutazione monetaria.
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